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Luca Zorzi: “Così sono tornato a camminare in due settimane”

L’articolo di La Repubblica su come l’équipe del professor Schonhuber ha rimesso in piedi Luca Zorzi dopo la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio destro.

Un attimo di distrazione sul campo da squash e a Luca Zorzi, 35 anni, agonista da dieci, si rompe il legamento crociato anteriore del ginocchio destro. Una lesione che può capitare anche con movimenti più banali: basta mettere male il piede mentre si scende dal marciapiede, il ginocchio ruota in modo non normale e il legamento salta. Luca si rivolge all’ équipe del professor Herbert Schonhuber, primario del Centro di traumatologia dello sport del Galeazzi.

Era convinto di dover ripetere l’autotrapianto, lo stesso intervento subito due anni prima all’ altro ginocchio, sempre per il medesimo guaio. Un’ operazione dolorosa, che permette di ricostruire il crociato prelevando una parte di tendine della rotula».

Gli specialisti, invece, quale alternativa le hanno proposto?

«L’ allotrapianto, anche questo in artroscopia. Il crociato viene riparato sfruttando una sezione del tendine d’ Achille prelevato da un cadavere. Una soluzione che garantisce una ripresa più rapida».

Quando ha sentito pronunciare la parola cadavere, che cosa ha pensato?

«Cadavere è un termine che fa paura. Sono un donatore di midollo osseo, e questo certamente mi ha aiutato a superare remore morali o blocchi psicologici. Ero più preoccupato di capire quanto questo “pezzo di ricambio” poteva sopportare le sollecitazioni provocate dallo squash, uno sport molto traumatico. Mi sarebbe piaciuto sapere chi è il donatore, sapere se era un giovane o un 50enne non sportivo. Ma non è stato possibile. Mi sono dovuto accontentare delle rassicurazioni del mio amico Roberto Pozzoni, chirurgo della squadra di Schonhuber, che mi ha fatto capire di non aver paura, perché il tendine d’ Achille è il più grosso e il più resistente».

Non ha mai avuto un momento di titubanza all’ idea di mettere dentro di sé un “pezzo” non suo?

«Certo, quando pensavo al rischio di trasmissione di malattie attraverso il sangue, come l’ Hiv o l’ epatite. Il pericolo è di una possibilità su un milione e seicentomila, un rischio più o meno paragonabile a quello che si corre durante una trasfusione. Un dato troppo remoto per farmi cambiare idea. Il tendine da impiantare è stato richiesto al Rizzoli di Bologna, centro di riferimento nazionale, dove prima di procedere all’ espianto vengono svolti gli esami per accertare che il donatore sia sano. Un’ altra garanzia».

In quanto tempo ha recuperato?

«Ho iniziato a camminare il giorno dopo l’ intervento, con le stampelle. Che ho mollato dopo due settimane. A un mese dall’ operazione, piego quasi tutto il ginocchio. Vivo solo e sono sempre stato autosufficiente. Entro tre mesi riprenderò ad allenarmi. Invece, quando mi sono sottoposto ad autotrapianto, dopo una settimana non riuscivo ad appoggiare il piede per il dolore fortissimo che sentivo nella zona del prelievo, sotto la rotula, dove tuttora ho una cicatrice di cinque centimetri. Ci sono voluti sei mesi prima di riprendere la racchetta in mano».

Lei gioca in serie B. Fino a quando gareggerà?

 «Spero fino a 40 anni. Anche perché devo migliorare il piazzamento ai campionati italiani. L’ anno scorso sono arrivato secondo. Poi riprenderò a fare l’informatico a tempo pieno».

ANNA FREGONARA